Orecchio o tuner?

di Domenico Di Noto

 

Domenico Di NotoOggi esistono tuner che possono essere scaricati gratuitamente da internet; altri costano relativamente poco e sono molto sofisticati:  danno la possibilità di variare la frequenza, lo stretch, di analizzare e compensare la disarmonicità1 del pianoforte  e, addirittura, di registrare l’accordatura già fatta per poterla, successivamente, rifare identica nello stesso piano.  Improvvisarsi accordatori, quindi, sembra essere diventato molto facile, specie nella nostra era sempre più tecnologica.

Ma basta il tuner per essere accordatori? NO.

Certamente, strumenti così sofisticati possono aiutarci nel nostro lavoro quando siamo stanchi, o ci troviamo in un ambiente rumoroso… ma pensare che, con il solo ausilio di un tuner, chiunque sia in grado di accordare un pianoforte, a mio avviso è una strada poco praticabile.

Infatti:

  1. essi non possono considerare i fattori acustici ed ambientali all’interno dei quali stiamo lavorando, o caratteristiche costruttive dello strumento che, a volte, ci costringono a particolari curve di compensazione.
  2. Normalmente le frequenze di ogni singola nota, nel tuner, sono state campionate in base alla disarmonicità delle corde del pianoforte o dei singoli pianoforti che sono stati usati per progettarlo.

II pianoforte sul quale stiamo lavorando ha una sua particolare disarmonicità che è diversa da qualsiasi altro pianoforte. Di conseguenza essa non “appatta” con quelle considerate dal tuner e ci troveremo di fronte ad un pianoforte accordato in maniera sempre più insoddisfacente, man mano che dall’ottava centrale ci spostiamo sempre più verso i bassi o verso gli acuti dove, di conseguenza, il suono comincia a diventare sempre più aspro e acido: ottave  quindicesime, quarte, quinte, terze, seste, diciannovesime, balleranno il tango o la polca. Basta ascoltare da una a tre ottave consecutive contemporaneamente per rendersene conto2.

 

ENTRIAMO NEL MERITO:

In qualsiasi pubblicazione che presenta uno schema di accordatura, sia esso per terze e seste, che per quarte e quinte, si trova indicato il numero dei battimenti che devono esistere tra i vari intervalli. Prendiamo come esempio gli intervalli di partenza dell’accordatura per quarte ascendenti e quinte discendenti: LA-RE; SOL-RE; SOL-DO… Nell’intervallo di quarta LA-RE ci devono essere 0,995 battimenti; mentre nell’intervallo di quinta SOL-RE ce ne devono essere 0,664; nella quarta SOL-DO 0,886…. e così via.

Perché proprio quel numero di battimenti e non altri?

La risposta è semplice: esaminiamo le frequenze di queste note e i loro parziali nella zona che ci interessa per il temperamento:

Fondamentale 2° parz. 3° parz. 4° parz. 5° parz. 6° parz.
FA3 174,614 349,228 523,842 698,456 873,070 1047,684
SOL3 195,998 391,996 587,994 783,992 974,990 1175,988
LA4 220,000 440,000 660,000 880,000 1100,000 1320,000
LA#4 233,082 466,164 699,246 932,328 1165,410 1398,492
SI4 246,942 493,884 740,826 987,768 1234,710 1481,652
DO4 261,626 523,252 784,878 1046,504 1308,130 1569,756
DO#4 277,183 554,366 831,549 1108,732 1385,915 1663,098
RE4 293,665 587,330 880,995 1174,660 1468,325 1761,990
RE#4 311,127 622,254 933,381 1244,508 1555,635 1866,762
MI4 329,628 659,256 988,884 1318,512 1648,140 1977,768
FA4 349,288 698,456 1047,684 1396,912 1746,140 2095,368

 

Il rapporto di intervallo di quarta è 4/3, pertanto nella 4° LA-RE consideriamo lo scarto tra il quarto parziale del LA (880) e il terzo parziale del RE (880,995); Come si vede lo scarto è di 0,995 che è proprio il numero dei battimenti che dobbiamo sentire.

Il rapporto di 5° è 3/2 pertanto nella 5° SOL-RE consideriamo lo scarto tra il terzo parziale del SOL (587,994) e il secondo  parziale del RE (587,330). Lo scarto è di 0,664…….

Lo stesso discorso vale per gli intervalli di terza e sesta: consideriamo infatti l’intervallo FA-LA: noi abbiamo accordato il LA a 220 hz e dobbiamo accordare il Fa discendente (174,614 hz). Siccome l’intervallo di terza maggiore è di 5/4, dobbiamo considerare lo scarto tra il quinto parziale del FA (873,07 hz)  e il quarto parziale del LA che dobbiamo portare a  880 hz. Come si vede, i battimenti saranno 6,93………… e così via.

Se noi riusciamo ad ottenere questi battimenti, i singoli intervalli risulteranno perfettamente accordati, indipendentemente dalla disarmonicità delle corde3.

Supponiamo, infatti, di avere accordato il LA in modo tale che il suo quarto parziale vibri esattamente ad 880 hz e di sentire esattamente 0,995 battimenti nella quarta LA-RE. Questo significa che, se le corde del RE fossero purissime (cosa impossibile), la loro frequenza fondamentale sarebbe esattamente 293,665 hz; invece questa frequenza risulterà tanto più bassa, quanto più disarmoniche saranno le corde.

In ogni caso, però, quello che ci interessa non è la frequenza di base, ma il fatto che i battimenti dell’intervallo siano 0,995 (ad esempio, in un Kaps coda di fine ottocento, per ottenere 0,995 battimenti con una frequenza dei relativi parziali 880 e 880,995, si è dovuto accordare il RE a 293,662 hz. Invece di 293,665). Se invece vogliamo mantenere il RE a 293,665, dobbiamo accordare il LA a 880,3. Ma questo vale solo ed esclusivamente per il CAPS che ho usato come esperimento4.

Ammettiamo adesso di essere riusciti ad accordare lo scomparto contando scientificamente il giusto numero dei battimenti dei vari intervalli (ma chi riuscisse in questa impresa avrebbe in testa non un cervello normale, bensì quel frequenzimetro di cui parlo nella nota 3). Se le corde fossero perfettamente pure, noi avremmo un’accordatura perfetta, sia che abbiamo contato solo i battimenti degli intervalli di quarta e di quinta, sia che abbiamo contato solo quelli di terza e sesta.

Ma poiché le corde di acciaio, come già detto, dal più al meno sono disarmoniche, tutti sappiamo che contando solo i battimenti di quarta e quinta ci troveremo, ancora una volta, di fronte a delle terze e seste che ballano la polka; mentre se contiamo solo i battimenti delle terze e delle seste, ci troveremo con delle quarte e quinte che ballano il tango; per cui di solito si ricorre a controlli incrociati tra quarte e quinte e terze e seste, per compensare.

Il vero problema dell’accordatura è dunque legato alla disarmonicità delle corde. Infatti non è vero che bisogna rispettare esattamente i battimenti indicati dai calcoli scientifici, perché, proprio a causa della disarmonicità delle corde, questi battimenti, anche se di poco, devono essere alterati.

E qui il giudice sommo è l’orecchio.

Per questo motivo, giustamente, l’AIARP permette nell’esame di primo livello l’uso del tuner, per accertare il possesso degli elementi di base, ma non dà la tessera di iscrizione. La tessera viene concessa nel secondo livello, quando il candidato manifesta, oltre ad una ottima conoscenza teorica ed abilità pratica su come intervenire sulle diverse problematiche che possono presentare gli strumenti sui quali stiamo lavorando, la capacità di accordare il piano esclusivamente ad orecchio.

Domenico Di Noto

 

 

 

  1. Fermiamoci un attimo sul concetto di disarmonicità: se noi prendiamo una corda di acciaio armonico di una certa lunghezza  e lo pieghiamo fino a formare un arco di cerchio, ci accorgiamo che occorre un certo sforzo. Lo sforzo aumenterà man mano che accorciamo il filo. Ciò significa che la rigidità del filo aumenta progressivamente, man mano che diminuisce la sua lunghezza e, di conseguenza, le vibrazioni aumentano in relazione alla rigidità. Sottoponiamo il filo ad una certa trazione mentre lo facciamo vibrare, fino ad ottenere il quarto  LA del pianoforte(220 hz).  Esso ci darà anche diverse interfrequenze (parziali) che non hanno un decorso esattamente sincrono rispetto alla frequenza fondamentale.    Ad esempio l’armonica dell’ottava (che corrisponde alla interfrequenza generata dalla metà del filo,  sarà un po’ più alta di 440 hz, la interfrequenza della  quindicesima sarà più alta del doppio dell’ottava e così via. Questo perché,  le varie porzioni di corda che vibrano nel suo interno sono più corte sia della corda totale che tra loro. Quando noi accordiamo l’ottava LA4 – LA5,  l’orecchio non avverte l’unisono rapportando il suono fondamentale delle due note (220hz – 440hz), ma il fondamentale del LA5 (440Hz) con il secondo parziale del LA4 che sarà un tantino più alto del doppio di 220 hz, a seconda del diametro e della lunghezza dei due fili. Lo stesso vale per l’ottava LA5 – LA6 e così via.  In realtà ci sono altri fattori che rendono il suono, specie negli acuti, aspri e vetrosi: il punto di percussione, la durezza e la forma del martello. Ma non ci interessano in questo articolo.
  2.  Vedi  il mio articolo pubblicato sulla CIRCOLARE INFORMATIVA dell’AIARP n2  del 2002  ““DENTRO L’OTTAVA dialogo tra A e B””
  3. Vedi il fascicolo pubblicato dall’AIARP “LA TEORIA DELLE CORDE VIBRANTI: stralci delle relazioni dell’ing. Antonio Achille Radice con introduzione e note a cura di Domenico Di Noto”
  4. Le misure sono state effettuate utilizzando un frequenzimetro ad altissima definizione, per gentile concessione dell’ISTITUTO Nautico  di Trapani.
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